Pena di morte: la dignità perduta

 

Di Marco Fantoni



Anche grazie al Primo Congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi dal 21 al 23 giugno scorso a Strasburgo, agli appelli di Organizzazioni che si battono contro la pena di morte e dalle purtroppo tristi esecuzioni che i media ci comunicano, il dibattito su questo tema sembra intensificarsi e portare anche a frutti positivi. L’ultimo in ordine di tempo è la decisione del Governo turco di proporre al Parlamento l’abolizione della pena capitale. Ma non è di fatto così semplice.

 

“La pena di morte segna il trionfo della vendetta sulla giustizia e viola il primo diritto di ogni essere umano, il diritto alla vita. La pena capitale non ha mai scoraggiato il crimine. Costituisce una atto di tortura e l’ultimo trattamento crudele, inumano e degradante. Ogni società, rispettosa della dignità dei suoi membri, deve sforzarsi per l’abolizione della pena capitale”.

È l’introduzione della dichiarazione finale del Primo Congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi a Strasburgo. È parte del proclama che cittadini, militanti e abolizionisti hanno sottoposto al Consiglio d’Europa e all’Unione europea. La richiesta finale ed esplicita che riassume la dichiarazione, si racchiude nelle seguenti parole: “Noi cittadini del mondo, chiediamo la fine immediata di tutte le esecuzioni di condannati a morte e l’abolizione universale della pena di morte”. Ed ancora una appello alla responsabilità degli Stati: “Infine, ci rivolgiamo a tutti gli Stati affinché prendano ogni  iniziativa possibile per contribuire all’adozione, da parte delle Nazioni Unite, di una moratoria mondiale delle esecuzioni, nella prospettiva dell’abolizione universale”.

 

 

Non solo USA e Cina

 

I Paesi che contemplano la pena di morte nelle loro leggi (72) sono ancora molti, troppi di fatto. Non solo grandi Stati come gli Stati Uniti d’America, la Cina o il Giappone, o nazioni “minori” ma strategicamente interessanti come Cuba, i Territori di Palestina, l’Arabia Saudita, l’Iraq e l’Iran oltre a diversi Paesi del Continente africano e Sud-Est asiatico. Non deve dunque essere una “lotta” anti-americana o cinese, ma contro tutti quei paesi che la praticano. O meglio, una lotta di sostegno ad un modo più rispettoso della dignità umana in tema di giustizia.

Le pene sono inflitte per crimini diversi, dove l’omicidio è il caso maggiormente messo in risalto. Talvolta si viene a conoscenza di situazioni davanti alle quali non si sa come reagire e che ti convincono ancora di più di dove certe menti (dis)umane possano spingersi.

Nell’edizione del 27 giugno scorso, il Washington Post informava di quanto denunciato da Wang Guoqi, un richiedente l’asilo politico, mimetizzatosi con un gruppo di turisti cinesi, giunto negli Stati Uniti lo scorso aprile. Egli ha riferito di aver partecipato a rimozioni di cornee e organi vitali a più di 100 giustiziati a morte, compreso uno non ancora morto. Oltre a questo ha riferito di aver visto altri dottori rimuovere organi vitali a prigionieri giustiziati, o meglio ingiustiziati, nell’ospedale in cui lavorava e cioè il Tianjin Paramilitary Police General Brigade Hospital. Questa è un’ulteriore testimonianza di quanto già denunciato in precedenza dal fondatore della Fondazione Laogai, una ONG che si batte contro l’asportazioni di organi umani in Cina, Harry Wu, un cino-americano che ha trascorso 19 anni nelle prigioni e campi di lavoro cinesi per reati politici.

Ma gli esempi potrebbero essere tanti, ogni giorno in varie parti della terra si perpetrano atrocità contro la persona, atti di violazione dei diritti umani che schiacciano la dignità stessa dell’Uomo.

A difesa della persona, da sempre la Chiesa, ed in modo particolare durante il suo papato, Giovanni Paolo II non ha sottaciuto le varie ingiustizie contro l’Uomo. Ogni qualvolta una persona è condannata tramite assassinio di Stato, alza la sua voce. Ma lo fa anche per tutte quelle ingiustizie che danneggiano i più deboli, compresi coloro che non sono ancora nati e che non nasceranno mai e coloro ai quali ci si arroga il diritto di togliere la vita perché … tanto non c’è più speranza, oppure stanno soffrendo da troppo tempo.

Ricordiamo il recente appello in occasione del vertice di Genova dei G8, dove ha rammentato ai “grandi della terra” di ascoltare il grido dei poveri che sono costretti a chiedere ciò che spetta a loro di diritto.

 

 

La pena… dei soldati

 

Torniamo alla pena di morte. Anche qui, manco a dirlo, l’influenza dei soldi non è da poco. Emblematico l’esempio della Turchia che sta tentando di entrare nell’Unione europea, la quale richiede l’abolizione della pena capitale. Mentre potenze come gli Stati Uniti possono anche soprassedere su questi dettagli e indipendentemente da chi siano i governanti, democratici o  conservatori, la pena di morte rimane, anche se qualche spiraglio inizia ad intravedersi.

La Cina, altra grande potenza, continua nelle sue esecuzioni, e nonostante questo i rapporti commerciali non si interrompono. Anche la Svizzera approfitta appieno di questo grande mercato di consumatori intrattenendo regolari rapporti. Si ricordi a questo proposito la visita del marzo 1999 del Presidente cinese Jang Zemin, contestato oltre che da manifestanti tibetani, anche da chi reclamava un maggior rispetto dei diritti dell’Uomo, tra cui l’abolizione della pena di morte. Come pure l’accordo del 26 settembre 2000 sottoscritto dal nostro ministro dell’economia Pascal Couchepin ed il ministro cinese per il commercio Shi Guagsheng. Accordo che prevede agevolazioni doganali per orologi svizzeri e l’accesso al mercato finanziario della Cina. Per il 1999 le esportazioni svizzere verso questa grande nazione sono state calcolate in 990 milioni di franchi con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Ma nel commercio il criterio di scelta dei partner non è legato ad aspetti riguardanti la dignità della persona. A questo proposito anche la scelta di assegnare le Olimpiadi estive del 2008 a Pechino ne è una conferma.

Ci si può a questo punto (ri)chiedere quali mezzi abbiamo a disposizione per evitare che continuino gli assassini di Stato.

 

 

Le soluzioni possibili

 

La Campagna internazionale “No alla Pena di Morte”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio ha raccolto fino ad oggi più di tre milioni e mezzo di firme. Grazie anche all’aiuto di internet si sta proponendo un mezzo globalizzato per tentare di mettere sotto pressione i governi che ancora non hanno abbandonato questo metodo di ingiustizia. Le firme sono state raccolte anche in paesi che mantengono la pena capitale. Questa azione ha già ottenuto il sostegno dell’Unione europea, allorquando il Presidente Prodi ha accolto ufficialmente i primi due milioni di firme. Ultimamente l’opinione pubblica statunitense, sta cambiando rotta ed i sondaggi danno gli abolizionisti in crescita. Si vedrà che ascolto darà la Casa bianca a questi mutamenti.

Alla Comunità di Sant’Egidio si sono aggiunte altre organizzazioni che si battono contro la pena di morte, tra cui Amnesty International.

E proprio questa organizzazione che da quarant’anni si batte per difendere le vittime di attentanti ai diritti umani, che nel “Rapporto 2001” puntualizza la situazione mondiale.

Sono un gruppo di nazioni che detengono il triste primato di condanne a morte: Arabia Saudita, Cina, Stati Uniti, Iran ed Iraq. Nel 2000 sono state uccise dopo condanna almeno 1457 persone in 28 paesi. Almeno 3058 condanne a morte sono state pronunciate in 65 paesi.

Nell’ottobre del 2000 Amnesty International ha pure lanciato una campagna contro la tortura che si collega a quelle sulla pena di morte. Di fatto le torture in molti paesi, sono purtroppo l’anticamera della morte. Le sevizie perpetrate alle persone, portano molti a soccombere e di fatto la tortura si tramuta in una pena nel vero senso del termine, di fatto una pena di morte.